In quella terra di confine, dove la Basilicata sfiora la Puglia, un giovane agricoltore va contro corrente, coltivando biologicamente ed eticamente antiche varietà di frumento. Stiamo parlando di Antonio Caputo e dell’azienda agricola Milonia.
In principio c’era un campo di grano…
Si può iniziare raccontando la differenza fra l’agricoltura biologica e quella classica intensiva, il perché Antonio abbia scelto determinati grani e la motivazione che lo ha spinto a riprendere in mano le terre di famiglia e a trasformarle con un metodo di coltivazione che evita lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, elimina l’utilizzo delle sostanze di sintesi e preferisce sistemi rispettosi dell’ambiente.
Fare agricoltura biologica in modo serio è molto più difficile di quanto si pensi, significa sostenere un impegno maggiore rispetto a quello richiesto dalla convenzionale.
La scelta di seminare vecchie varietà locali di frumento – i grani antichi – non è voler ritornare in maniera romantica al passato, ma è frutto di attente scelte, in primis di natura agronomica.
Queste desuete varietà di grano presentano tante caratteristiche utilissime ai regimi di produzione biologico (che i nostri nonni praticavano inconsapevolmente, perché non disponevano di concimi o diserbanti chimici). Sono piante rustiche, nella maggior parte dei casi autoctone, che si sono adattate al nostro pedoclima, piante che necessitano di pochi input (per esempio basse concimazioni o trattamenti ridotti al minimo), dotate di un’ottima competizione con le infestanti, in quanto hanno un’altezza elevata – in gergo tecnico una taglia alta –, che permette di non utilizzare la chimica.
La Basilicata è una terra fantastica
Qui la natura è ancora la vera protagonista e gli agricoltori hanno il compito di custodirla e proteggerla. «Abbiamo deciso, su queste basi, di coltivare i nostri campi cercando di essere meno impattanti e, quindi, di rispettare la terra il più possibile. Così, appena acquistati i terreni, abbiamo convertito subito l’azienda in biologico.
È sufficiente applicare le buone pratiche agricole che oggi, con l’avvento esagerato della chimica, sono state accantonate. La fertilità dei suoli di Milonia è preservata mediante l’ausilio di rotazioni colturali brevi e specifiche, dove alla coltivazione dei grani si alterna quella di leguminose, come ceci e lenticchie, piante azotofissatrici in grado di ristabilire la fertilità dei suoli».
Come potrebbero/dovrebbero cambiare l’agricoltura e le coltivazioni di grano
Bisognerebbe ridare un maggior valore e responsabilità in campo agricolo. Il prodotto, cioè il cibo, nutrimento e deve essere rispettoso dell’ambiente e del consumatore. Si dovrebbe dare più spazio alla sostenibilità ambientale, cercando di sfuggire a logiche volte alla massimizzazione della produttività, a discapito di tutti e tutto.
Bisognerebbe invertire la rotta ponendo l’attenzione sulla qualità del prodotto finale, sotto il profilo nutrizionale ma anche ambientale, sociale ed etico.
Antonio è figlio di panificatori, cresciuto in un paesino agricolo in Basilicata, Montemilone, dove si coltiva principalmente grano. Sin da piccolo ha sentito una grande passione per il settore agricolo, che gli ha permesso di conseguire la laurea in Agraria.
Da sempre ha desiderato avere una piccola azienda agricola tutta sua e ora eccolo qui, con la sua Milonia: «Estesa su circa 14 ettari, è nata quattro anni fa per dare valore alla filiera cerealicola locale, ai nostri grani e al nostro lavoro di piccoli produttori».
Attraverso Milonia, intende rispondere a domande come «Chi ha coltivato il cibo che mangio, dove è stato coltivato, con quali metodi?». Domande a cui ogni consumatore dovrebbe essere in grado di rispondere in maniera autentica, mentre oggi, nel settore alimentare, tanti dati sono comunicati in maniera confusa e “opaca” su molte etichette di prodotti presenti sul mercato.
«Come per un buon vino, a mio parere, la farina (e quello che ne consegue) dovrebbe raccontare l’espressione di quel territorio specifico, di quella singola varietà, di quell’annata in cui è stata prodotta. Occorre dare valore all’identità della farina, evitando la standardizzazione cui negli ultimi anni siamo stati abituati».
Il grano preferito
Per Antonio è la saragolla lucana, espressione sincera della regione, con le sue spighe eleganti e ariste.
Si tratta di un grano khorosan, un antenato del grano duro proveniente dal Medio Oriente, molto diffuso in passato nel comune del Nord della provincia di Potenza, oggi sconosciuto ai più. Grazie all’impegno di alcuni agricoltori, è stato recuperato e iscritto al Registro regionale delle varietà vegetali.
«Da anni portiamo avanti un meticoloso lavoro di selezione e moltiplicazione. Quando all’inizio ci siamo accorti che, oltre alle spighe di saragolla lucana, ve ne erano di altri grani e cereali, abbiamo raccolto manualmente le prime. I pochi chicchi prodotti li abbiamo seminati in maniera tale da ottenere un buon quantitativo di seme l’anno successivo, salvaguardandoli così dall’inquinamento varietale. Una curiosità: tutti gli agricoltori, anche quelli più ostili al biologico, vedendo i suoi grani chicchi allungati, se ne innamorano a prima vista».

Diplomato nei Servizi per l’ Enogastronomia e Ospitalità Alberghiera, Pizzaiolo per passione, amante della bella cucina e dei piatti semplici. Desidero condividere proponendo a chi sta dall’altra parte dei fornelli, raccolte di portate della nostra cucina Italiana in modo umile, ma lasciando il segno.